“Il Sessantotto neppure sfiorò il mondo del calcio. Nel 1969 lavorai otto mesi alla Fiat Mirafiori e in autunno andai a giocare in serie D con la Cossatese. Facevo l’operaio e il calciatore. Entrare negli spogliatoi, indossare maglia e scarpini, significava entrare in un altro mondo. Quello che stava accadendo nella vita di tutti i giorni, restava fuori. Poi mi rivestivo, salutavo tutti e tornavo nell’ altro mondo. E’ in questa situazione che ho vissuto e alla fine ci avevo fatto anche l’abitudine. Io avevo cominciato ad occuparmi del sociale nel mio quartiere, la Vanchiglia, in un’organizzazione cattolica che si chiama Mani Tese. La nostra attività era il volontariato. Crescendo mi sono avvicinato alla sinistra: potere operaio, avanguardia operaia, democrazia proletaria” Paolo Sollier.
Nel giorno del suo settantacinquesimo compleanno abbiamo deciso di ripercorrere brevemente la storia calcistica e non di Paolo Sollier da molti soprannominato il “trequartista militante“. Una storia la sua che ancora oggi ci ricorda come il calciatore, troppo spesso ingabbiato nel ruolo del “bello ma ignorante e privo di ogni idea che riguardi il mondo esterno” possa invece rendersi protagonista di storie incredibili squarciando quel velo di ipocrisia ed interessi che circondano il mondo del pallone.
L’ avanguardia operaia in serie A
Chiomonte, piccola località operaria del torinese, negli ultimi anni è balzata agli onori della cronaca per la tenace e straordinaria resistenza del movimento NO TAV, ma forse è meno conosciuto il fatto che Chiomonte era già precedentemente famosa e conosciuta tra chi ama il pallone e la politica a sinistra per aver dato i natali nel lontano 13 gennaio del 1948 ad un calciatore italiano di discreti doti che però, sicuramente, deve la sua notorietà in certi ambienti più per le sue idee politiche e il suo impegno che per le sue giocate (alcune comunque degne di nota). Stiamo parlando di Paolo Sollier.
Calcisticamente cresciuto nella squadra amatoriale del Cinzano, dove cominciò la sua carriera nel 1969 all’età di 21 anni, approdò qualche anno dopo nell’allora serie C giocando per la Cossatese e successivamente per la storica Pro Vercelli. Parallelamente alla sua carriera da calciatore si andò sviluppando anche il suo impegno politico. Calciatore e operaio allo stesso tempo, visse in prima persona i processi più forti e significativi delle lotte sociali dell’Italia degli anni ’70 che lo videro impegnato come lavoratore della FIAT di Torino, settore dove si concentravano i lavoratori più organizzati, combattivi e giovani che lottavano per un miglioramento delle condizioni salariali e delle condizioni di vita in uno dei settori più importanti della produzione industriale italiana. Una lotta che era una continuazione di quella che era la lotta degli studenti italiani nel 1968, che seguendo l’esperienza francese provarono a supportare e collegare le lotte operaie con le loro rivendicazioni. Fu proprio in Fiat che Paolo Sollier capì l’importanza di mettere in pratica le sue idee politiche, cominciando da allora una vita di militanza rivoluzionaria entrando a far parte prima dell’organizzazione “Avanguardia Operaia” e poi di “Democrazia Proletaria”, nata dalla fusione di A.O. con altre organizzazioni della sinistra italiana.
Ma in quegli anni così come cresceva il suo impegno politico cresceva anche la sua fama come calciatore al punto tale da attirare le attenzioni del Perugia che si apprestava a disputare un campionato di serie B con l’intenzione di tentare l’assalto alla serie A. Sollier quell’anno fu uno dei protagonisti della vittoria del campionato del Perugia e riuscì a strappare l’impegno della società umbra a sottoscrivere due abbonamenti al Quotidiano dei lavoratori per ogni suo goal (per la cronaca quell’anno ne fece 7, non male per un centrocampista!).
Da quel momento in poi la figura di Sollier attirò molte simpatie sia tra gli addetti ai lavori e stampa sia tra i tifosi di diverse squadre. Simpatie da parte della stampa che cessarono all’indomani della pubblicazione del suo libro “Calci e sputi e colpi di testa”, una sorta di diario autobiografico dei suoi due anni nel capoluogo umbro dove toccava con ironia e un’ottima poetica temi sportivi e non: i racconti dei giochi infantili per passare il tempo durante i ritiri; le storie delle tante avventure sentimentali e/o sessuali; riflessioni su argomenti che ancora oggi sono tabù nel mondo dello sport, come fumo, masturbazione e omosessualità; e ovviamente la politica…Simpatia da parte di svariate tifoserie (come quella del Genoa) che, invece, era dovuta alla sua esultanza: quel pugno chiuso alzato al cielo divenuto il vero e proprio marchio di fabbrica del Sollier calciatore. Un modo di racchiudere ed esprimere quelle che erano le sue idee politiche in campo che gli causò anche tantissime antipatie tra le tifoserie di destra, una su tutte quella della Lazio che in occasione di Lazio – Perugia accolse il calciatore con lo striscione “Sollier Boia”. La carriera di Paolo Sollier in Serie A non durò molto per sua stessa scelta. Più il calcio si professionalizzava più si allontanava dalla realtà dei lavoratori e dei settori popolari ragion per cui decise di dedicarsi ancor più seriamente al suo impegno politico, alla fotografia e alla musica a discapito della sua carriera da calciatore. Dopo l’esperienza al Perugia, durante la quale provò ad avvicinare i suoi compagni di squadra agli ideali rivoluzionari senza molto successo, tornò a giocare in serie B nel Rimini e successivamente nella Pro Vercelli e nella Biellese in serie C, terminando la sua carriera da calciatore nel calcio amatoriale senza mai abbandonare quelli che erani i suoi ideali e la sua gente. Oggi ritroviamo questo grande giocatore e uomo al timone dell’Osvaldo Soriano Football Club, una squadra di scrittori italiani creata allo scopo di avvicinare le persone attraverso il calcio alla lettura e alla cultura più in generale.
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