A Saint-Ouen (Seine-Saint-Denis) in Francia c’è una squadra, il Red Star FC, che attualmente milita nella terza serie francese, da sempre conosciuta anche fuori dai confini francesi per il suo impegno antifascista. Un impegno sottolineato anche da alcune scelte simboliche come l’aver intitolato lo stadio “Bauer” ad un medico antifascista e al ricordo di un altro giocatore Eugène Maës, che morì nel campo di concentramento di Dora-Mittelbau così come l’aver dedicato una delle tribune a Rino dalla Negra.
Nel 2004 proprio in occasione della commemorazione del giovane Rino la società ribadì l’importanza di credere e portare avanti determinati valori: “Al di là della celebrazione degli atti di resistenza, al di là della descrizione del martirio dei prigionieri, si tratta di promuovere i valori di solidarietà e di progresso che fondano l’attività del Red Star: con la nostra associazione crediamo che i valori di emancipazione e solidarietà difesi dagli immigrati del gruppo Manouchian siano ancora attuali. Nel calcio ci sono anche tanti immigrati e la solidarietà del gruppo è essenziale. Nel Red Star, i valori del progresso garantiscono la continuità tra ieri e oggi. Ci è sembrato normale segnalarlo in questa occasione“.
Rino dalla Negra
Rino Della Negra nacque nel 1923 a Vimy, nel nord della Francia, da una famiglia giunta lì dall’Italia. Il padre si trasferì in Francia per lavorare come muratore e finì per stabilirsi in pianta stabile con tutta la famiglia qualche tempo dopo ad Argenteuil, nella regione dell’Île-de-France. Proprio l’ambiente della cittadina situata nel dipartimento della Val-d’Oise, contribuì alla formazione umana e politica del giovane Rino che in quegli anni strinse un forte legame con la famiglia Simonazzi, molto conosciuta in città per il proprio impegno politico con il Partito Comunista e che si rivelerà fondamentale nel corso della sua vita. Rino ad Argenteuil mosse i primi passi da calciatore, giocando prima nella Jeunesse Sportive Argenteuillaise – club affiliato alla FSGT, Federazione Sportiva e Ginnica del Lavoro – e poi nella squadra della fabbrica Chausson, per la quale lavorava come operaio metallurgico. Nel quartiere si fece notare non solo per le sue doti calcistiche ma anche per quelle atletiche: era – infatti – capace di correre i 100 metri in appena 11 secondi e 49 millesimi.
La carriera come calciatore
Nonostante ciò fu il calcio la sua vera grande passione. Nel 1942-43 Rino passò all’Union Sportive Argenteuil-Thiais, prima di attirare le attenzioni del Red Star FC di Saint-Ouen-sur-Seine – che nel 1941 aveva vinto il campionato nella zona occupata dai nazisti – con cui avrebbe dovuto giocare la stagione 1943-44. Avrebbe perché Rino, nel gennaio del 1943 – come altri 650.000 francesi – venne precettato per andare a lavorare in Germania all’interno dell’STO – Servizio di Lavoro Obbligatorio, ma si rifiutò, aprendo le porte alla clandestinità e cambiando per sempre le sorti della sua esistenza.
In fuga dalla polizia che lo ricercava, incontrò i militanti del M.O.I. (Mano d’Opera Immigrata) e i FTP (Franchi Tiratori Partigiani) italiani di Argenteuil, trovando rifugio nel quartiere di Mazagran, coperto da un gruppo di amici tra cui Tonino Simonazzi, che aveva combattuto nelle Brigate Internazionali in Spagna, la sorella Gabrielle Simonazzi ed Ines Sacchetti, membro del Partito Comunista Francese e figlia di genitori antifascisti scappati dall’Italia dopo essere stati feriti dalle Camicie Nere di Mussolini. Rino, entrando in clandestinità, idealmente smise di essere un calciatore per diventare un partigiano antifascista.
La vita da partigiano
Nel corso della sua clandestinità prenderà parte a circa quindici azioni di varia natura contro i nazisti, soprattutto sabotaggi di ferrovie e di tralicci, prima di essere arrestato dalle SS nel corso di un attacco ad un furgone portavalori nel novembre del 1943. Assieme a lui, nel giro di qualche giorno, fu arrestato tutto il gruppo dirigente del FTP-MOI, ad eccezione di Ines Sacchetti che riuscì a sfuggire alla cattura. Il processo che seguirà, passato alla storia come il processo all’Affiche Rouge, emetterà 23 condanne a morte. 23 giovani, rappresentanti del proletariato immigrato insediato nella cintura operaia attorno a Parigi che incarnavano alla perfezione – quasi a farsi beffa dei nazisti – il concetto marxiano riassunto nella celebre chiosa finale del Manifesto: “proletari di tutto il mondo unitevi!“.
I genitori di Rino, una volta che Parigi fu liberata dai nazisti, riportarono la salma ad Argentueil dove ancora oggi è sepolta e dove ancora oggi, ogni anno, Rino viene ricordato e celebrato dalla sua comunità, quella sportiva ed antifascista del Red Star a cui lo stesso Rino inviò il suo ultimo saluto prima di essere fucilato: “Abbraccia forte tutti quelli che io conoscevo. Tu andrai al Club O. Argentueil e abbraccia tutti gli sportivi, dal più piccolo al più grande. Manda un saluto e un addio a tutto il Red Star“.
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