E’ il 13 febbraio 2023 quando, Jakub Janko, all’epoca tesserato dallo Sparta Praga, ha fatto coming out tramite il suo canale Instagram. “Ciao, sono Jakub Jankto. Come tutti gli altri, ho i miei punti di forza, i miei punti deboli, una famiglia, i miei amici, un lavoro che svolgo al meglio da anni, con serietà, professionalità e passione. Come tutti gli altri, voglio anche vivere la mia vita in libertà. Senza paure. Senza pregiudizio. Senza violenza. Ma con amore. Sono gay e non voglio più nascondermi”. Queste le parole pronunciate nel video messaggio con cui il calciatore ceco ha “urlato” al mondo intero la sua omosessualità, liberandosi probabilmente di un peso non indifferente. Una scelta decisamente coraggiosa quella di Janko, se si considera che ad oggi è proprio lui il calciatore professionista più importante ad aver fatto coming out. Prima di lui a porre la questione dell’omosessualità nel mondo del calcio era stato – con il suo coming out – l’australiano Josh Cavallo, suscitando reazioni contrastanti. Come spesso denunciamo, infatti, l’ambiente del calcio è altamente sessista e maschilista dove, mal si sposa, un orientamento sessuale che non risponda ai canoni “classici” imposti dalla nostra società e della Religione. Le sue parole, dunque, sono immediatamente risuonate come liberatorie ed allo stesso tempo capaci di mettere in discussione dalle fondamenta un sistema che fa del machismo un suo valore fondante. Non c’è stato da meravigliarsi, quindi, che il giorno dopo quella parte di società gretta ed omofoba sia partita all’attacco. La testata giornalistica “Libero”, non a caso, parlava in maniera del tutto erronea e in malafede di “outing” (ignorando la differenza sostanziale con “coming out“) e titolava “Arriva a fine carriera e si ricorda che ė gay“. Attacchi mediatici nei confronti del calciatore ex Udinese e Sampdoria, che avevano il solo scopo di delegittimare e depotenziare le sue parole per paura che realmente potesse cambiare qualcosa, dentro e fuori il mondo calcio. E così, per gli stessi motivi, quando questa estate si è avuta l’ufficialità del suo ritorno in Italia, sponda Cagliari, il Ministro dello Sport, Abodi, ha ben pensato di accoglierlo con delle dichiarazioni altrettanto vergognose: “Jankto? Non amo le ostentazioni ma le scelte personali vanno rispettate. Per me esistono le persone. Ho parlato di rispetto per le scelte e, aggiungo con convinzione e per correttezza, per la natura umana. Rispetto è un valore non equivocabile, da garantire. Poi, posso non condividere alcune espressioni del Pride?” Il Ministro, infatti, ha blaterato di scelte e di ostentazione in relazione al coming out del calciatore come se una persona scegliesse il proprio orientamento sessuale. Insomma uguale uguale a quando scegliamo quale libro voler leggere sotto l’ombrellone o quale vestito voler indossare ad una festa…Così come il suo “non amo le ostentazioni” ci sa tanto di “fate i froci a casa vostra“.

Dichiarazioni che hanno sollevato più di qualche polemica sebbene dal mondo del calcio si siano levate poche, pochissime voci in sostegno a Jankto e di critica ad Abodi. Società e calciatori, infatti, sembrano (o fanno finta) non avere colto la gravità dell’uscita del ministro dello sport, sottovalutando le ripercussioni che tali oscenità possono avere in un ambiente già di per sé altamente tossico e machista. Non sappiamo cosa sia passato per la testa di Claudio Ranieri, forse avrà pensato questo o semplicemente avrà pensato che fosse la cosa più normale di questo mondo, ma di fatto gli va detto un grazie enorme per le parole pronunciate nel riaccogliere (lo aveva già allenato alla Sampdoria) Jankto: “Capisco quanto debba aver sofferto Jankto prima di esternare una cosa che è naturale. Qualche idiota c’è sempre, ma lui è forte dentro. L’ho scelto per le sue qualità, ma anche perché questa squadra è una famiglia con uno spogliatoio eccezionale. Lui non avrà problemi. Per lui è stata dura e chissà per quanti altri ragazzi lo è. Non so nel calcio o nello sport e poi anche in famiglia. Sarebbe bello che ce ne fossero anche altri di messaggi così, per fare capire che non ci sono differenze“. Se ci fossero più persone nel mondo del calcio alla Claudio Ranieri, genuine e dirette, meno legate alla carriera o al non andare contro chi muove i fili di uno dei business più succulenti dell’intero pianeta, siamo sicurə che ci si farebbe meno problemi a dichiarare la propria identità di genere o la propria sessualità. Quella di Jankto, del resto, è l’ennesima vicenda che ci dimostra come il calcio e la politica, anche nella sua inclinazione più strettamente sociale, siano strettamente interconnessi, con la seconda che individua il primo come strumento ideale per veicolare determinati messaggi. Dal canto nostro, allora, solo riuscendo ad unire quello che è il mondo del calcio al resto della società, generalizzando istanze, rivendicazioni e battaglie, si può sperare in un calcio diverso, così come in un mondo diverso, dove la “diversità” non venga vista più come qualcosa di cui aver paura o da dover combattere!

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