La nazionale di calcio femminile spagnola, ieri, ha vinto per la prima volta nella sua storia il Mondiale. Ma a fare notizia non è tanto la vittoria sulle rivali dell’Inghilterra quanto quello che è accaduto sul campo di Sidney: il presidente della federazione spagnola Rubiales che bacia in bocca la numero dieci delle furie rosse Jennifer Hermoso! Un gesto che ha fatto immediatamente il giro del mondo e che ha provocato la condanna da parte della ministra delle pari opportunità Irene Montero che su X ha tuonato: “Questa è una forma di violenza sessuale che noi donne subiamo ogni giorno e che finora è stata invisibile e che non dobbiamo normalizzare. […] Solo un sì è un sì!”
La reazione della calciatrice, invece, è stata un poco più controversa: in una diretta Instagram durante i festeggiamenti negli spogliatoi ha affermato che non le fosse piaciuto il gesto. Qualche ora dopo, però, in un comunicato stampa della stessa federazione spagnola ha dichiarato che non voleva si sopravvalutasse troppo il gesto perché “è stato del tutto spontaneo e dovuto all’immensa gioia che deriva dalla vittoria di una Coppa del Mondo“. Una dinamica che sembra decisamente frutto di una pressione di potere della Federazione sulla calciatrice. Cosa che non ci stupirebbe dati gli eventi passati. Ricordiamo, infatti, che la Federazione Spagnola, è la stessa che non ha allontanato un allenatore (Vilda) che è stato accusato da ben 15 giocatrici di aver creato un ambiente di allenamento poco professionale ed eccessivamente autoritario. La storia dell’ultimo anno della nazionale di calcio spagnola, nonostante si sia conclusa con una clamorosa vittoria, è stata caratterizzata da diverse controversie che di fatto non sono mai state appianate. Alcune delle calciatrici che si erano ribellate, infatti, non sono state convocate, altre – invece – sono rientrate ma senza mai davvero assolvere l’allenatore. Semplicemente e giustamente non volevano sacrificare la partecipazione ad una competizione come il mondiale e quindi la carriera.
Per capire la portata di queste vicende basta leggere la dichiarazione, su The Athletic, di Aitana Bonmati – volto importantissimo della squadra e tra quelle che hanno preso parte alla protesta – alla vigilia della finale: “Non nascondo che è stato un anno complicato […] Ho sofferto molto, ma ora sono concentrata su ciò che sta accadendo. Non possiamo rimanere bloccati nel passato, dobbiamo andare avanti. […] “Siamo in finale perché siamo delle calciatrici professioniste che sanno quello che fanno, quello per cui lavorano e sanno quali sono i nostri obiettivi.”
La violenza sulle donne nei modi efferati del femminicidio e dello stupro o delle palpatine e dei baci “rubati” – lo riprovano da anni studi, analisi e lo gridano spesso inascoltate le femministe nelle piazze – sono “solo” la punta dell’iceberg di un problema culturale radicato, onnipresente, permanente e tutt’altro che emergenziale. Un’educazione a ruoli di genere stereotipati e l’oggettivazione sessuale dei corpi delle donne, sono il corredo culturale che – spesso – spinge, con estrema tranquillità e normalità, gli uomini a compiere vere e proprie molestie come nel caso di Rubiales che bacia in bocca Jennifer Hermosa, senza alcun consenso. Al di là le circostanze specifiche intorno a questo caso (sentiamo già la voce di quelli che tuoneranno “a lei andava bene cosa avete da ridire?”), il gesto va inserito all’interno di un contesto molto più ampio che è quello della cultura patriarcale e violenta che regolamenta questa società. E non sarà la castrazione chimica invocata da Salvini per i sette stupratori di Palermo a risolvere le cose.
Il problema sta nel minimizzare quelle che sono molestie a tutti gli effetti e il non capire che come un famoso slogan femminista recita: “lo stupratore non è malato ma è figlio sano del patriarcato.” Ed è nel cuore della cultura patriarcale che si annida l’idea di un corpo femminile sempre disponibile, sempre raggiungibile, sempre oggetto, sempre plasmabile secondo desideri, volontà, imposizioni maschili. La donna la puoi baciare anche se non vuole perché la percezione è che sia accessibile, che il passaggio del consenso non è necessario. “Non avevano capito che il rifiuto della ragazza” ha detto il giudice assolvendo tre ragazzi per uno stupro avvenuto nel 2018. Ma come è possibile che ancora non capiamo? Com’è possibile che ancora non capiamo che un uomo di potere come un presidente di una federazione di calcio – che ha supportato in tutto e per tutto un altro uomo accusato dalla maggior parte delle giocatrici della sua squadra di essere tossico e autoritario – commette una molestia nel baciare in bocca una giocatrice con cui non ha nessun rapporto di intimità? Ed allora è bene gridare forte che quella è violenza! Che la violenza, (spoiler!) è ovunque. È in quello che ci insegnano a scuola, nella mancanza di rispetto verso i desideri delle donne – e in generale di tutte le persone che non appartengono alla norma dell’uomo bianco cis borghese.
La violenza è in noi che ad ogni notizia di stupro dubitiamo immediatamente della veridicità dell’accusa, in noi che pensiamo che tutto sommato quella donna se l’è cercata perché era vestita provocante, in noi che alimentiamo quel meccanismo per cui una donna violata deve prima allontanare ogni sospetto da sé e solo dopo può denunciare e pretendere verità e giustizia.
Lascia un commento