Il centrocampista ex PSV era stato uno dei primissimi calciatori ad aver preso posizione sul conflitto arabo-israeliano con un post pubblicato sui suoi social:”Questa non è guerra. Quando una delle due parti taglia acqua, cibo ed elettricità all’altra non è guerra. Quando una delle due parti ha armi nucleari non è guerra. Quando una delle due parti è finanziata con miliardi di dollari non è guerra. Quando una delle due parti utilizza immagini generate dall’Intelligenza Artificiale per diffondere disinformazione sull’altra non è guerra. Quando i social censurano i contenuti di una parte e non dell’altra non è guerra. Questo non è un conflitto, né una guerra. Questo è genocidio, distruzione di massa e noi vi stiamo assistendo in diretta. Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera“. Un post che aveva spinto la sua squadra, il Mainz, a prendere immediatamente provvedimenti drastici: il calciatore, ad appena un mese dal suo ingaggio, era stato – infatti – sospeso da ogni allenamento e dalle partite perché “ha preso una posizione intollerabile per il club sul conflitto in Medio Oriente come riportato dal comunicato ufficiale del club tedesco. Una storia che avevamo già denunciato e che ci restituisce il clima di tensione che in Germania, più che altrove, si respira per una questione che sta completamente dividendo il mondo, compreso quello del calcio. Del resto i pesantissimi attacchi a Benzema, reo di aver scritto un post in cui chiedeva di pregare per le vittime innocenti di Gaza, la sospensione di altri calciatori in Francia e Germania che avevano manifestato la propria solidarietà alla Palestina, il ritiro da parte del Board del Celtic degli abbonamenti alla propria tifoseria che frequenta la North Curve, che in queste settimane non ha perso occasione per colorare il proprio settore con le bandiere della Palestina, fa ben capire da che parte si siano schierate la maggior parte delle società di calcio europee e fin dove siano disposte a spingersi pur di difendere gli interessi di Israele, che è a tutti gli effetti un partner strategico per il mondo occidentale. Ed allora non stupisce quello che il Mainz ha annunciato ieri attraverso un nuovo comunicato: “L’FSV Mainz 05 pone fine al rapporto contrattuale con Anwar El Ghazi e venerdì (3 novembre, ndr) ha licenziato il giocatore con effetto immediato. Il club sta adottando questa misura in risposta alle dichiarazioni e ai post del giocatore sui social media“. Il centrocampista dopo la sospensione aveva, infatti, smesso di pubblicare contenuti dai suoi social, fino a tre giorni fa quando è tornato a parlare per chiarire alcune cose e ribadire la sua posizione: “A scanso di equivoci, la mia dichiarazione del 27 ottobre 2023 è stata la mia unica e definitiva dichiarazione sia all’FSV Mainz 05 che al pubblico in merito ai post sui social media da me pubblicati nelle ultime settimane. Qualsiasi altra dichiarazione, commento o scusa contraria attribuita a me non è di fatto corretta e non è stata fatta o autorizzata da me. La mia posizione rimane la stessa di quando tutto è iniziato: sono contro la guerra e la violenza. Sono contrario all’uccisione di tutti i civili innocenti. Sono contro ogni forma di discriminazione. Sono contro l’islamofobia. Sono contro l’antisemitismo. Sono contro il genocidio. Sono contro l’apartheid. Sono contro l’occupazione. Sono contro l’oppressione. Non mi pento né ho alcun rimorso per la mia posizione. Non mi discosto da ciò che ho detto e sono, oggi e sempre fino al mio ultimo respiro, a favore dell’umanità e degli oppressi. Non ho alcuna responsabilità speciale verso nessuno Stato. Non credo che alcun popolo o stato sia al di sopra di ogni dubbio e responsabilità, né sia al di sopra del diritto internazionale. Non ho altra scelta che difendere fermamente la giustizia e testimoniare la verità e lo farei anche se fosse contro di me, i miei genitori, i miei parenti e parenti. Non potrà mai esserci alcuna giustificazione per l’uccisione di oltre 3.500 bambini a Gaza nelle ultime tre settimane. Come possiamo noi, come mondo, rimanere in silenzio quando, secondo l’organizzazione benefica “Save the Children”, un bambino viene ucciso ogni 10 minuti a Gaza. Sono nove i bambini uccisi prima che io finisca una partita di calcio. Quel numero aumenta di giorno in giorno. Io, e noi come mondo non possiamo, in coscienza, rimanere in silenzio. Dobbiamo chiedere la fine delle uccisioni a Gaza adesso!“. Una presa di posizione che è costata carissima al calciatore nativo di Barendrecht che, però, sembra avere le idee molto chiare, consapevole che quando si lotta per ciò in cui si crede bisogna essere disposti a fare rinunce, anche a perdere tutto, se questo vuol dire vincere, se questo vuol dire avanzare come collettività verso un mondo migliore, più umano, meno brutale e più giusto. E le parole che ha utilizzato per “rispondere” al licenziamento sono l’ennesima dimostrazione che chi ha scelto di stare dalla parte della popolazione palestinese ha scelto di stare dalla parte giusta della storia: “Difendi ciò che è giusto, anche se ciò significa restare da solo. La perdita dei miei mezzi di sostentamento non è nulla se paragonata all’inferno che si sta scatenando sugli innocenti e sui vulnerabili a Gaza”.

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