Il governo Macron, sostenuto dal potere mediatico, per giorni ha parlato della partita andata in scena ieri sera allo Stade de France come un evento potenzialmente a “rischio elevato”, soprattutto alla luce dei forti disordini avvenuti ad Amsterdam al termine della partita tra Ajax e Maccabi Tel Aviv. Violenze etichettate immediatamente – e colpevolmente – come antisemite. A distanza di giorni, sappiamo benissimo che le cose sono andate molto diversamente e che quanto visto nella capitale olandese, per stessa ammissione del capo della polizia, non aveva nulla a che fare con un sentimento antisemita.

La criminalizzazione dei movimenti in sostegno alla Palestina

Il Consiglio di Sicurezza Nazionale di Israele, domenica, aveva dichiarato che gruppi pro-Palestina stavano fomentando odio e incitando alla violenza contro israeliani ed ebrei in diverse città europee: “negli ultimi giorni, ci sono stati appelli tra i gruppi pro-palestinesi per colpire israeliani ed ebrei, sotto il pretesto di manifestazioni e proteste, approfittando di grandi raduni [eventi sportivi e culturali] per massimizzare i danni e la copertura mediatica.” Lo stesso Netanyahu aveva esortato i cittadini di Israele ad evitare la trasferta di Parigi e, in generale, ad evitare gli eventi che prevedono la partecipazione di delegazioni di Israele che potrebbero essere fonte di disordini e violenze. Il governo francese, dal canto suo, si è speso in prima persona per sostenere le ragioni e la narrazione di Tel Aviv, alimentando quella perenne criminalizzazione della solidarietà nei confronti della popolazione palestinese a cui stiamo assistendo da un anno a questa parte. L’ufficio stampa di Macron, sempre nella giornata di domenica, aveva fatto sapere che il presidente francese avrebbe partecipato alla partita per “inviare un messaggio di fraternità e solidarietà dopo gli atti intollerabili di antisemitismo che hanno seguito la partita di Amsterdam di questa settimana”, mentre Laurent Nuñez – prefetto di Parigi – rilasciava dichiarazioni a destra e manca per far sapere che non sarebbe stato tollerato alcun eccesso o disturbo all’ordine pubblico.

Una città blindata

Già nelle settimane scorse, il popolo francese aveva chiaramente fatto capire che i rappresentanti di uno Stato che sta commettendo un genocidio non erano i benvenuti. Decine di attivisti ed attiviste pro-Palestina, lunedì 4 novembre, avevano occupato i locali della Federazione Calcistica Francese per denunciare l’assurdità di permettere lo svolgimento di quella che è stata definita da più parti la partita della vergogna. In un incontro avuto con alcuni dirigenti della Federazione avevano chiesto di rivedere la decisione di giocare il match alla luce delle gravi violazioni al diritto internazionale, agli statuti FIFA e UEFA nonché ai crimini di guerra di cui si sta macchiando Israele. Qualche giorno dopo diversi supporters del Menilmontant FC 1871, club popolare ed antifascista parigino, avevano srotolato diversi striscioni proprio fuori lo Stade de France per criticare la scelta di ospitare la nazionale di calcio israeliana e puntare il dito contro il governo Macron: “cartellino rosso per i criminali e i loro complici. Israele not welcome!”. Nulla di tutto ciò è servito a far cambiare idea a chi ha fatto della difesa di Israele una ragione di stato. Parigi è stata letteralmente blindata per garantire l’ospitalità della delegazione israeliana e lo svolgimento stesso della partita. Per garantire la sicurezza – non si è capito bene di chi – sono state adottate misure repressive mai viste prima per una partita internazionale, come ammesso dallo stesso Nuñez all’emittente francese BFMTV: 4.000 poliziotti delle forze dell’ordine sono state dispiegate intorno allo stadio e in tutta la capitale, 1.500 steward, un elicottero e persino un veicolo blindato del RAID. All’esterno dello stadio, inoltre, è stata creata una vera e propria zona rossa il cui accesso, filtrato da un doppio perimetro di sicurezza, era consentito solo a chi era in possesso del biglietto d’ingresso all’evento. Sugli spalti, invece, le prime sette file di tutto lo stadio sono state letteralmente sigillate e per prevenire qualsiasi invasione di campo sono state installate grate di ferro che, tra l’altro, sono considerate non legali. Questo non ha impedito ad alcuni “tifosi” israeliani incappucciati e con indosso le magliette con il simbolo dell’IDF di picchiare brutalmente alcuni tifosi francesi sulle tribune dello Stade de France. Notizia che, ovviamente, non ha spinto alcun media a denunciare l’accaduto né tanto meno ad utilizzare toni drammatici come in occasione dei fatti di Amsterdam.

Le dichiarazioni di alcuni dei protagonisti

Stiamo cercando di prepararci per questa partita nel modo più normale possibile (…) affinché rimanga una partita di calcio“, ha dichiarato il ct francese, Didier Deschamps, nella conferenza stampa della vigilia. Sollecitati sul significato di giocare una partita del genere in questo clima e alla luce di uno scenario internazionale così delicato, N’Golo Kanté, ha manifestato il suo “dolore” mentre il difensore del Bayern Monaco, Dayot Upamecano, ha espresso il desiderio, condiviso da tutti i compagni, di “pace“. “Queste sono cose [la perdita di persone care impegnate nelle operazioni militari nella Striscia di Gaza] che dobbiamo ricordare quotidianamente, questa è la realtà per i nostri amici e i nostri cari” ha, invece, dichiarato Eli Dasa, capitano della squadra israeliana, mercoledì in conferenza stampa, quando ha colto l’occasione per ringraziare il governo francese per l’accoglienza e la sicurezza riservate ai 26 giocatori della nazionale israeliana. Sicurezza affidata addirittura all’unità d’élite della polizia nazionale. “È difficile ricevere brutte notizie dal paese perché ci colpiscono. Ma la vera difficoltà è per i soldati che combattono in Israele per portare la pace. Noi stiamo lottando per portare un po’ di dolcezza alle persone a casa” ha aggiunto l’allenatore della nazionale di Israele, Ran Ben Shimon.

Un duro colpo per chi sostiene il genocidio

La partita di ieri ha fatto registrare il record negativo di presenze allo Stade de France per una partita della nazionale francese con poco più di 16.500 spettatori. Ben al di sotto delle 25.000 presenze millantate ai microfoni di Europe 1, da Gil Avérous, ministro francese dello sport. Il precedente record negativo risaliva al 2003 quando la Francia affrontò la la Nuova Zelanda in una partita valida per la Confederations Cup. In quell’occasione furono venduti poco meno di 39.000 biglietti. Il doppio di quelli venduti per la partita di ieri dove gli spalti dello Stade de France sono rimasti praticamente vuoti. Solo la tribuna presidenziale era piena: presenti il presidente Emmanuel Macron, il primo ministro Michel Barnier, il ministro dell’Interno Bruno Retailleau e gli ex presidenti Nicolas Sarkozy e François Hollande. Tutti presenti per dimostrare plasticamente il proprio sostegno all’alleato israeliano. Gli organizzatori, per mascherare questo incredibile flop, figlio del boicottaggio lanciato dai movimenti in solidarietà con la Palestina, hanno acceso diversi fumogeni durante l’esecuzione degli inni nazionali, in modo da provare a coprire visivamente gli spalti vuoti. Ciò non ha impedito che l’inno di Israele venisse pesantemente fischiato.

È impossibile dimenticare cosa sta accadendo in Palestina

Diversi spettatori, nonostante il divieto imposto dal Ministro dell’interno, hanno introdotto e sventolato al cielo alcune bandiere della Palestina e scandito cori in solidarietà come “free Palestine”. Uno di loro, un giovane giornalista sportivo, ha motivato così il gesto sul suo account X: “Non c’è nessuna misura di restrizione della libertà di espressione che possa far dimenticare il massacro di civili in corso a Gaza, Bruno Retailleau. Anche allo Stade de France, FreePalestine 🇵🇸!”. Il tutto mentre dal pomeriggio per le strade della capitale francese diverse centinaia di persone hanno manifestato il loro sostegno alla causa palestinese e denunciato la complicità del governo francese con il genocidio in corso.

Una giornata che ha dimostrato, ancora una volta, lo sfasamento che c’è tra quella che è la narrazione ufficiale propinata del potere mediatico e quella che è la realtà che ci restituisce un sentito popolare caratterizzato dai valori della resistenza e della giustizia sociale che hanno portato il popolo francese a boicottare un evento utile solo all’ennesimo tentativo di sportwashing israeliano. Perché chi ama il calcio e i suoi valori, non potrà mai andare allo stadio per applaudire chi sostiene attivamente un genocidio. Perché on ne joue pas avec le genocide!

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